Federico Pistono

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💭 Perché non parlo di politica

La mia eterna faccia da ragazzino può essere fuorviante. Quasi tutti quelli che mi incontrano pensano che abbia 25 anni, a volte anche di meno.

In realtà, ne ho 35.

Da un po’ di tempo inizio a sentire il peso della responsabilità di un vero adulto. Con il passare degli anni, ci si aspetta che uno si interessi di più di politica, che si parli di più di politica.

Per me è stato l’opposto.

Iniziai molto giovane ad occuparmi di politica. Il mio interesse era vivere in un mondo più sano e più bello. Mi scontravo costantemente contro problemi più grandi di me, al di fuori dal mio controllo. La politica non mi piaceva, ma mi sembrava l’unico modo per cambiare le cose.

Quindi mi detti anima e corpo ad un tipo particolare di politica: l’attivismo.

Iniziai a partecipare ad associazioni di volontariato e movimenti non profit. Dopo poco tempo, vidi un grande problema di fondo in tutti questi movimenti: erano organizzati male.

Decisi così di fondare delle associazioni io stesso, che avrei invece organizzato bene.

Per un periodo mi sembrava stesse funzionando. Ero abbastanza bravo ad organizzare, ero molto bravo ad attirare le persone in un gruppo che lavorasse per una causa comune, ma non ero per nulla bravo a gestire bene i gruppi di persone che creavo e, in particolare, a valorizzare le singole persone per le loro qualità individuali.

Con il tempo, capii che quella era la sfida più grande di tutte.

Le grandi sfide

Se non ero capace a gestire bene e a valorizzare un gruppo di 100 persone, come potevo criticare così facilmente chi mostrava incompetenza nel fare lo stesso con 100 mila, o con 100 milioni di persone?

Guardandomi attorno, mi resi conto che non ero l’unico ad avere questo problema.

I leader dei movimenti a cui mi ero associato da giovane, nel giro di qualche anno fecero una fine misera. Uno finì dentro una prigione mentale di sua creazione, evitando contradditori e confronti, dove le uniche cose che legge e ascolta sono le stesse idee, ripetendo ad nauseam le medesime cose trite e ritrite, trattando ogni osservazione critica come un attacco organizzato nei suoi riguardi, mostrando chiari segni di paranoia. L’altro perse la sua strada, dimenticandosi chi era e per cosa stava combattendo, trasformandosi in un demagogo peggiore di quelli che 10 anni prima criticava, diventando una parodia tragicomica del suo io passato.

La differenza principale tra me e loro è che le circostanze mi portarono a capire i miei limiti, e di conseguenza a doverli affrontare. Il tempo e le avversità della vita mi fecero comprendere che, se volevo vivere in un mondo più sano e più bello, dovevo cominciare da me stesso, espandendo il cerchio di conseguenza.

La sfida, per me, non era più pensare ai grandi sistemi e battermi per cause lontane e fuori del mio controllo.

La sfida per me era quindi diventare una persona migliore, iniziando da chi sono io e da come trattavo le persone più care.

Ho visto abbastanza moralisti pontificare su ciò che gli altri dovrebbero fare, mentre si comportano come stronzi nella loro vita privata, da capire che non volevo essere come loro.

Questo mi ha portato ha iniziare un percorso di crescita interna, a cui forse dedicherò un articolo un giorno, e uno di miglioramento nella società, a cui voglio dedicare questo.

Colpa delle corporation?

Nei miei anni di attivismo leggevo molto. Libri, articoli, blog. Quasi tutti si lamentavano degli imprenditori. Le aziende (le corporation), erano il male.

L’inquinamento degli oceani e la distruzione degli habitat marini? Colpa delle corporation.

La deforestazione dell’Amazzonia, il polmone verde del mondo? Colpa delle corporation.

L’innalzamento dei livelli carbonio nell’atmosfera e il cambiamento climatico che stanno portando a cataclismi senza precedenti nella storia moderna? Colpa delle corporation.

Potrei andare avanti, ma penso conosciate la musica.

Le corporation, la competizione spietata e la ricerca spasmodica del profitto, stavano causando tutti i problemi del mondo (o quasi). La politica sembrava essere una semplice estensione del sistema di mercato, con i politici in veste di temporanei burattini, al servizio del vero potere: il dio denaro.

Chiaramente sto semplificando, ma questo era il sentimento comune, e lo è ancora per milioni di persone in tutto il mondo.

Negli anni ho compreso che questa visione era un’illusione.

La realtà, purtroppo, è molto più complessa.

Il più grande problema

I grandi problemi del mondo non hanno cause semplici e identificabili. Il problema più grande è quello del potere, e questo è un problema che nessuno sa come risolvere.

Il potere è la cosa più difficile da gestire, perché devi scontrarti con i voleri, i sentimenti e le emozioni di milioni e miliardi di persone. Sono millenni che come umani cerchiamo il modo migliore per affrontare questo fatto, e non ne siamo ancora venuti a capo.

Vogliamo vivere vite più belle, più felici, ma non sappiamo come fare.

Abbiamo paura.

Le ideologie del passato hanno portato letteralmente a milioni di persone uccise brutalmente e perseguitate.

Non vogliamo che si ripetano.

La mancanza di ideologie della società moderna sta invece portando milioni di persone a sentire un senso di vuoto dentro di sé.

Non sappiamo dove questo porterà.

In questo mondo pieno di incertezza, senza una chiara ideologia a cui appoggiarsi, quando tutti sembrano essere impazziti, ho deciso di non partecipare attivamente all’isteria di massa, e focalizzarmi invece su ciò che posso realmente influenzare: me stesso, il rapporto che scelgo di avere con i miei cari, e creare valore tangibile per gli altri.

Sui primi due non mi soffermo adesso.

Vorrei invece parlare dell’ultimo.

Perché mi occupo di imprenditoria

Dopo anni di retorica sulle corporation, mi sono reso conto di un fatto straordinario.

L’immagine delle corporation nella società come forza del male era presentata sempre da chi non le aveva mai fondate. Inizialmente, pensavo che questo fosse un vantaggio: solo chi sta fuori dal sistema può avere la lucidità mentale per potere vedere come sia effettivamente, e quindi criticarlo.

In realtà:

Per capire come rompere gli schemi, devi prima sapere quali sono, e, soprattutto, perché esistono.

Perché mi occupo di imprenditoria?

Perché è facile. Non è facile in senso assoluto, ma essere un buon imprenditore è più facile che essere un buon politico.

Per essere un imprenditore di successo devi creare valore per altre persone. Qual è il modo migliore per creare valore per altri?

Risolvere un problema.

Più è grande il problema che risolvi e più persone ce l’hanno, più la società ti ricompenserà per farlo.

Si possono sempre trovare eccezioni e distorsioni, ma in generale un imprenditore di successo non fa successo maltrattando le persone e rovinando la società. Fa successo risolvendo un problema che le persone hanno.

È semplice.

La politica, invece, è complessa.

Alla politica spetta decidere quali sono i problemi che le persone hanno, quanto sono importanti, e su quali spendere tempo e risorse pubbliche. Questo è molto più difficile, perché un’azienda può focalizzarsi nel risolvere un singolo problema e avere successo, mentre la politica deve ponderare tutti i problemi di tutta la popolazione, e cercare di accontentare il maggior numero di persone.

Per questo non parlo (più) di politica.

Per questo mi occupo di imprenditoria.

Perché, di fronte alla complessità della vita moderna, ho deciso di semplificare.

Ho deciso di usare il mio tempo e le mie risorse per diventare una persona migliore, stare più vicino alle persone a me care, e creare valore per gli altri attraverso le aziende che creo e quelle in cui investo.

Queste sono tutte cose che posso, se non controllare, perlomeno influenzare in modo reale, visibile e tangibile.

Continuerò a parlare di ciò che mi sta a cuore, come i diritti umani, e a farmi domande importanti sulla vita.

Ma non tratterò di politica.

Forse un giorno, quando sarò cambiato, tornerò a parlare di politica. Fino ad allora, focalizzerò la mia attenzione su ciò che posso realmente influenzare e migliorare, iniziando da me stesso, dalla mia famiglia, i miei amici, le mie aziende e la mia comunità.


Photo credit

La Scuola di Atene, Raffaello Sanzio da Urbino. Fu dipinto tra il 1509 e il 1511 come parte della commissione di Raffaello per decorare le stanze ora conosciute come le Stanze di Raffaello, nel Palazzo Apostolico in Vaticano.

La Stanza della Segnatura fu la prima delle stanze ad essere decorata, e La Scuola di Atene, che rappresenta la filosofia, fu probabilmente il terzo dipinto ad essere finito lì, dopo La Disputa (Teologia) sulla parete opposta, e il Parnaso (Letteratura). Il dipinto è notevole per la sua accurata proiezione prospettica, che Raffaello imparò da Leonardo da Vinci (che è la figura centrale di questo dipinto, che rappresenta Platone). Quest’opera è stata a lungo considerata come “il capolavoro di Raffaello e la perfetta incarnazione dello spirito classico del Rinascimento”.

Ho scelto questo splendido affresco perché, nella visione più nobile della politica, la politikḗ era “ciò che attiene alla pόlis”, con sottinteso téchnē, ovvero l’arte. La politica, insomma, era l’arte della gestione dello stato nel senso più ampio, ed il politico era sostanzialmente un filosofo ascetico che si dedicava unicamente al bene più alto, ovvero quello di tutti gli altri.

Federico Pistono è autore di tre libri, tra cui il successo internazionale “I robot ti ruberanno il lavoro, ma va bene così” e “Startup Zero.0”. Le sue conferenze,  interviste e i suoi video sono stati visti da più di 10 milioni di persone in tutto il mondo.

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28 risposte

  1. Ciao Federico, buon Natale!
    Tutti noi con i nostri comportamenti facciamo politica, chi più chi meno.
    L’attivismo è altra cosa, capisco che non ti ci voglia dedicare.
    Politici buoni disturbano gli interessi di quelli cattivi che poi hanno il braccio armato nelle cosche malavitose sempre fiorenti. Bisogna fare i conti anche con queste cose.
    Faccio impresa da sempre, continuerò a seguirti in ogni caso alla ricerca di una scintilla che accenda concretamente in me un interesse proficuo.
    Sempre in gamba e buon 2022 !!! 🙂

  2. ciao Federico,
    é stato un articolo illuminante su certi aspetti per me.
    Mi piacerebbe sapere se hai rivalutato la possibilità di sviluppare una società basata sulla RBE e l’applicazione del metodo scientifico per progettare una società rispetto ai tempi in cui promuovevi lo zeitgeist movement.
    l’idea alla base di una RBE è che il sistema attuale sia basato su principi contrari al benessere umano e dell’ecosistema e quindi non possa mai funzionare indipendentemente dai politici in carica.
    Non pensi che sia il caso di creare un sistema parallelo all’attuale sistema di libero mercato in modo tale da sostituirlo gradualmente piuttosto che cercare di cambiarlo? grazie

    1. Ciao Stefano,

      Negli anni ho evoluto il mio pensiero a riguardo. Sono giunto alla conclusione che la società è troppo complessa per avere una spiegazione semplice come quella RBE, e io non ho la competenza per perla giudicare.

      Se mai dovessi elaborare una teoria di qualche tipo, lo esplorerei in un libro, ma con la dovuta cautela, spiegando bene le mie limitazioni.

  3. Bella riflessione… e comunque anche io te ne davo 25 di anni… e anche qualcuno più anziano di me che senza conoscerti diceva “Non so… a pelle ha quell’aria di saccente”… non so se alla fine abbia voluto approfondire su di te ma io continuo a seguirti dai tempi dei Simposi per The Zeitgeist Movement. A volte condivido le tue idee, altre volte un po’ meno. Comunque sia sei una fonte di ispirazione.
    Orietur in tenebris lux tua

  4. Condivido Federico!
    Sono giovane, ma faccio politica locale da ormai 10 anni con lo scopo di portare il mio contributo al miglioramento della comunità. Nel tempo mi sono reso conto che purtroppo il sistema politico è spesso immobile per mille leggi, decisioni, situazioni che non dipendono da te.
    Nessuno è tuttologo, ma purtroppo la politica lo richiede.
    Come dici tu, per dare il nostro valore al mondo è meglio focalizzarsi su un singolo problema che ci sta a cuore e impegnarsi per risolverlo. Così si dà il massimo contributo alla società. E l’imprenditoria è la giusta strada.
    Chiuso questo mandato amministrativo lascerò la politica locale (che comunque tanto di mi ha dato) e mi focalizzerò solo sul mio progetto imprenditoriale.
    Continua così Federico e grazie per le consapevolezze che condividi!

  5. Grazie mille per il tuo articolo…mi ha fatto riflettere molto su delle critiche che io stessa facevo ai miei compagni (di politiche attive) e pure a me stessa ..mi ci sono ritrovata (seppur nel mio piccolo) in quello che dici…grazie per la presa di coscienza 😊

  6. Complimenti per l’analisi che dai alla questione della politica. È come dici tu, si occupa di ciò che è un problema che accontenta chi ha potere su di loro e su chi potrà aiutarli successivamente ad avere visibilità. Quindi succede che non si risolve male un problema e magari se ne creano altri da lasciare in eredità. Perciò se lo stato fosse un azienda, saresti disposto a investire?

    1. Si investe ogni giorno nello stato, pagando le tasse e comportandosi da buon cittadino 🙂

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